Ci siamo, mancano tre giorni, è quasi tutto pronto. Quest’anno giuro non porterò nulla, tanto a Mitikas, l’eleganza non conta, posso stare tre settimane in infradito, poi, sono con i miei genitori i loro amici, i miei amici, l’ambiente è tranquillo. No, lo giuro un trolley tipo bagaglio a mano e nient'altro. Sto andando a Mitikas, paesino sconosciuto di fronte all’isola di Kalamos nel Mar Ionio, a 65 Km dall’isola di Lefkas. Mitikas è un paradiso, un posto magico, uno di quei luoghi che all’arrivo ti lasciano a bocca aperta, non capisci bene se ti piace quello che vedi, ma quando è ora di tornare la disperazione ti assale e rientrato a casa prenoti subito per l’anno successivo. Mitikas è così, non te lo levi più di dosso, sembra la tua seconda casa, ti senti uno di loro. Ti arrabbi ogni anno, ti chiedi come possano essere così sciatti, ti chiedi perché il balcone senza inferriate sia così da cinque anni, perché le case in costruzione siano con i lavori a metà da forse dieci anni e perché nelle fondamenta delle case in costruzione ci siano montate delle tende che ospitano vacanzieri greci? Perché ogni mattina all’alba senti trapanare qualche muro di quelle case in costruzione che mai verranno finite? Perché in un paese così ci sono forse trenta ristoranti e due negozi di souvenir? Nessuna infrastruttura, un porto lasciato a metà, strade rotte...ma tutti questi perché senza risposta sono parte della magia di questo luogo senza tempo dimenticato dal turismo di massa. I primi giorni a Mitikas sei quasi disperato, sogni Rimini con tutte le sue certezze i suoi divertimenti garantiti, la piadina ed il cibo, sicuro buono. Ti manca il vino rosso, lo cerchi al ristorante e quando lo trovi te lo versi con gli occhi sorridenti fino al momento in cui lo porti alla bocca e il gusto è peggiore dell’aceto. Vorresti gli spaghetti all’astice e ti ritrovi ad ordinare un gyros pita, vorresti un dolce ma scopri che nei ristoranti non servono dolci o caffè, per quelli devi andare da Niko o alla pasticceria. Ordini allora un’altra birra, ma non una rossa, una media alla spina, una corona, no non credere di poter scegliere così tanto o prendi la Mythos o l’Amstel e se ti va bene un Alfa. Tre sole birre, quattro o cinque tipi di piatti (ancora non so perché ci sono i menù) e se sei fortunato trovi il gelato. Le tovaglie e le sedie hanno patacche di ogni genere ma vengono coperte da tovagliette in carta raffiguranti la cartina dell’arcipelago, i bicchieri sono rigorosamente diversi l’uno dall’altro e la maggior parte dei camerieri hanno abiti e mani poco consoni a servire in un locale pubblico. Questa è Mitikas e questo è il decimo anno consecutivo che ci vado. Sono pronta, le valigie sono in salotto pronte per essere caricate in macchina, ops, devo avere esagerato anche quest’anno perché il viso di mio marito che si accinge a montare il portapacchi non è dei più felici. Ci siamo, ci aspettano 40 ore di viaggio ma con una tappa notturna a Falconara Marittima , spesa in tenda in campeggio per placare la mia ansia di perdere il traghetto del giorno dopo. Il campeggio si trova tra la ferrovia ed una fabbrica che rende non balneabile il mare (ogni anno anche qui mi chiedo come possano le persone passarci tutta l’estate costruendo addirittura delle casette in legno nel campeggio davanti alla roulotte!) Dopo la prima notte in campeggio, la colazione al bar, la mattinata nella piscina del campeggio di due metri per tre, il pranzo per terra fatto di focaccia, tonno e pomodoro, procediamo con calma verso il porto di Ancona, dove ci aspettano la nave (in teoria perché in pratica ogni anno l’ aspettiamo noi sotto il sole cocente per 3 ore) e 16 ore di passaggio ponte insieme a persone di ogni etnia uso e consuetudine. Più affaticati che riposati sentiamo finalmente il profumo del mare Greco, quello vero, il mare verde, azzurro, cristallino, quel profumo che ti riempie le narici anche se la nave con il suo carburante riempie l’aria. Niente può coprire il profumo della Grecia, niente può descrivere la sensazione che provo quando arrivo al porto di Igoumenitsa, mi sento Greca, mi sembra di essere nata in quelle terra, mi sento una di loro. Quando vedo i ragazzi che per la prima volta approdano al porto con i loro zaini pieni ed il loro frastuono provo quasi rabbia, fastidio. Stanno violando il mio luogo sacro, la mia quiete con la loro voglia di divertimento. Quando incontro passeggeri che come me vanno in Grecia da anni, sempre nello stesso posto, nella stessa casa e con gli stessi amici, riesco a ristabilire quell’equilibrio spezzato dalla mandria di ragazzini in piena tempesta ormonale. Finalmente sbarcata iniziano le ultime tre ore per raggiungere la mia destinazione. Tre ore di telefonate, messaggini, soste, deviazioni, strade chiuse per lavori in corso (sempre gli stessi). Tre ore di: “ti ricordi l’anno scorso, in questo punto pioveva, qui abbiamo incrociato una capra, qui una mucca ci ha bloccato”. Ovviamente non esiste un autostrada per Mitikas, ovviamente una macchina degli anni ’50 o la roulotte di turno ti costringono ad una velocità di crociera di 40 Km/ora. Esausti, all’alba delle due di pomeriggio (abbiamo già spostato l’orologio avanti di un ora) arriviamo a destinazione. Stanchi, sporchi, sudati. Ad attenderci, mamma, papà, mio figlio e gli amici che ogni anno passano le vacanze con noi. Attendiamo sempre tutti con ansia l’ultimo arrivato, come su un puzzle dovesse comporsi allo stesso modo, ogni anno. Quando manca un pezzo, anche se quel pezzo non ti rivolge la parola, non lo sopporti o per un anno lo ignori, ti fa sentire la vacanza incompleta. Ed eccomi a Mitikas, finalmente. La mia casa sul mare mi aspetta, è al primo piano di un complesso di appartamenti, sei in tutto, posti dietro ad un giardino con un frutteto pieno di uva, prugne, fichi. Lungo il sentiero che porta agli appartamenti una fontana con getto continuo che di notte riflette luci colorate. Un patio del padrone di casa, Paris. Paris, cinquantacinque anni, pensionato statale, Paris sempre in canottiera, pantaloncini e ciabatte (credo di non averlo mai visto vestito diversamente), sempre sudato e sempre intento ad innaffiare il frutteto. Un uomo sorridente, felice e chiacchierone. In una lingua mista tra Italiano, Inglese e Greco, ci racconta ogni anno un pezzetto della sua vita, di quella di tutti gli abitanti del paese ma soprattutto degli altri ospiti degli appartamenti, cosa, per noi cittadini amanti del gossip, molto succulenta ed interessante. Sappiamo, quasi tutte le malattie, i divorzi, i litigi, i lifting di tutti. Alla fine delle tre settimane sembra d’aver trascorso una vita insieme a questi personaggi, quando invece ci siamo limitati ad uno scambio di battute da un balcone all’altro , con argomento di conversazione principale, i pesci pescati e nuovi gossip del paese. La moglie di Paris, ancora non sappiamo come si chiama (avrà un nome?), non parla una parola di Italiano e di Inglese, solo Greco. Noi imperterriti la salutiamo in Italiano, iniziamo a conversare con qualche parola di Italo-Inglese e lei ci risponde in Greco. Cosa ci dice nessuno lo sa, magari ci insulta ma lo fa sorridendo in un modo così carino che continuiamo ugualmente tutto il mese a conversare. Paris ha anche un figlio, 20 anni, studente, non ho ancora capito se vive di giorno o di notte. Sicuramente alle diciotto è al campo di beach volley davanti a casa, ogni giorno insieme a tutti gli altri “giovani del paese”. I “giovani del paese”, ragazzi tra i 13 e 25 anni, turisti e locali, spariscono per tutto il giorno e ricompaiono magicamente due volte al giorno, alle 18 al campo ed alle 23 nell’unico locale “cool” (ogni anno cambia quindi non si può sapere con certezza quale sarà quest’anno). Dove vanno questi giovani durante il giorno? Non li incontri mai, in nessuna spiaggia. Incontri i loro genitori, in giro come me con i gommoni per le spiagge ma di loro nemmeno l’ombra. Cosa fanno? Dormiranno tutto il giorno? Ma ancora più complicato rispondere alla domanda, cosa fanno di notte? In un paese dove il divertimento è pari a zero come puoi stare sveglio fino all’alba? Meglio non indagare, potrei scoprire cose che non mi piacciono e decidere di far trascorrere le future estati adolescenziali di mio figlio in riviera! Tornando alla casa di Paris, è tutt’altro che confortevole, ha un mini bagno che si allaga puntualmente ad ogni doccia, un angolo cottura in camera di letto ed una altra mini stanzetta con un letto matrimoniale. Si trova al primo piano e per raggiungerla devi salire una scala talmente ripida ed alta che ti spezza le gambe. Ha due balconi con piante di basilico, che noi Italiani usiamo per condire il sugo ma che, come dice Paris non si dovrebbero toccare perché ornamentali, 10 sedie di plastica, ma soprattutto, motivo per cui la prenotiamo da un anno all’altro, una vista mozzafiato. Puoi scorgere da un lato la montagna alle spalle del paese, dall’altro il mare ed il porticciolo. La vista mare del terrazzo è bellissima, la montagna di fronte ha la forma di un vulcano, basso. E’ piena di pini, il mare verde azzurro accoglie un via vai di barche, che hanno come destinazione il porticciolo mai finito di fronte a casa. Il porto è turistico, aperto a tutti, non devi affittare un posto, vige la regola del “chi prima arriva meglio alloggia”, l’importante è non pestare i piedi ai locali e non parcheggiare al posto del traghetto e del taxi pubblico. Non ho mai preso questi mezzi, perché ho un bellissimo gommone dotato di motore 15 cavalli che mi porta quasi ovunque, ma la curiosità regna sovrana da anni perché sono barconi fatiscenti che viaggiano a un elevata velocità e provarli sarebbe un avventura! Il mio gommone è il più piccolo di quelli del gruppo di gommonauti, ospita la nostra famiglia di tre persone ed è il giusto compromesso tra il mio desiderio d’indipendenza ed avventura e l’odio di mio marito per ogni fatica estiva. E’ piccolo, poco impegnativo, non richiede eccessiva manutenzione e soprattutto non ha costi di rimessaggio ed elevati costi di benzina. A fine vacanza, il costo carburante incide di quasi cento euro sull’intero costo della vacanza, una cifra più che accettabile se si considera la spesa degli amici del gruppo, che con i loro gommoni da 7 metri ed oltre, spendono quasi 400/500 euro! . Ovviamente, quando il mare ed il maestrale sono avversi, la mia analisi di bilancio non regge il confronto, loro sono tranquilli asciutti e sdraiati ad abbronzarsi, noi in tre, bagnati fradici, aggrappati alle cime, sui siluri a saltare e cercare di rendere meno dolenti le pacche sulla schiena. Ogni giorno raggiungiamo spiagge diverse, ognuno di noi ha la preferita, sono tutte deserte, ci siamo solo noi, liberi di nuotare, cantare, abbronzarci, dormire, giocare. Noi e la natura, noi ed il profumo dei pini e degli ulivi. Noi e la pace che solo una spiaggia Greca può trasmettere. Ho girato il mondo in lungo ed in largo, USA, Messico, Maldive, Sri Lanka, Indonesia, Cuba, Santo Domingo e non ricordo quali altri, ho visto tante capitali Europee, alloggiato in resort a cinque stelle, in palafitte sul mare, mangiato in ristoranti di lusso, mi hanno servito aragosta sulla spiaggia con camerieri in piedi dietro di me pronti a versarmi ottimo vino. Tutto il contrario di quello che Mitikas offre, ma la quiete e le emozioni che questo paese della Grecia mi trasmette sono uniche. Io la Grecia ed il Sirtaki che mi riempie la testa. Oriana Vianello (Marzo 2014)